HOLY SHOES

Cinema Revolution: tutti gli spettacoli 3,50€

ven 5 lug 18.00 – 21.00,
sab 6 lug 18.00 – 21.00,
dom 7 lug 18.00 – 21.00,
lun 8 lug 18.00 – 21.00.


di Luigi Di Capua
con Carla Signoris, Simone Liberati, Isabella Briganti
Italia 2023, 106′

Cosa ci spinge a desiderare un orologio o l’ultimo telefono uscito? Cosa cerchiamo di ottenere attraverso gli oggetti? Potere? Sicurezza? Amore? Attraverso le storie di quattro personaggi le cui vite, in forme e modalità differenti, vengono cambiate o messe in pericolo dalle scarpe, oggetto simbolo del desiderio per eccellenza, “Holy shoes” racconta cosa siamo disposti a fare per trovare la nostra identità nel mondo, fino a che punto ci spingiamo per essere amati e accettati. Tutti desideriamo ciò che non abbiamo, tutti vogliamo essere ciò che non siamo…

Dal Torino Film Festival l’opera prima di Luigi Di Capua, uno dei fondatori dei “The Pills” e sceneggiatore di due “Smetto quando voglio”. Di Capua esplora il rapporto tra l’uomo e l’oggetto, individuando nella scarpa il simbolo cardine del potere disfunzionale che gli oggetti esercitano su di noi.
«”Holy shoes” vuole raccontare uno degli aspetti più intriganti e potenti della società contemporanea: la tirannia del desiderio. Il desiderio di essere ciò che non siamo, il desiderio di possedere ciò che non abbiamo. Siamo tutte anime desideranti, e nella società dei consumi il desiderio è il motore che muove tutte le cose. Perché attraverso ciò che desideriamo si forma la nostra identità. E oggi, come mai prima, siamo tutti alla ricerca spasmodica di un’identità. Persi nella liquidità digitale, privi di modelli solidi, scambiamo le nostre identità con quelle degli altri, e i nostri stessi desideri sono forse i desideri degli altri. La storia del film è universale perché vive all’interno dei codici del consumismo e della globalizzazione. “Holy shoes” potrebbe esistere in qualunque metropoli del mondo, e per questo la Roma raccontata non è quella da cartolina e nemmeno quella abusata della “periferia”. È una Roma insolita, che della città sfrutta proprio i suoi mille volti. Perché questo problema non riguarda una specifica categoria sociale, ma riguarda tutti noi. Le vite dei personaggi ruotano attorno a desideri figli del rapporto ambiguo, distorto, conturbante che gli esseri umani hanno sviluppato con gli oggetti, e in particolare con le scarpe, che più di tutti ne rappresentano un elemento parossistico. Dal dopoguerra in poi le scarpe sono lentamente diventate il feticcio che più di tutti si è allontanato dalla propria funzione primaria. Con l’esplosione del fenomeno delle sneakers, delle Nike negli anni ‘80, abbiamo assistito ad una parabola esponenziale che ha trasformato la passione per le scarpe sportive in un mercato da 95 miliardi di dollari. Questo perché le scarpe vengono vendute come fossero un sogno, uno strumento per viverlo. È il materialismo magico. E in un mondo in cui esiste solo quel sogno, le persone sono disposte a tutto per ottenerlo». (Luigi Di Capua)